Negli ultimi anni il tema dell’inquinamento digitale è entrato sempre più prepotentemente nel dibattito internazionale in quanto ci si è accorti che anche l’invio di una semplice mail contribuisce alla produzione di CO2 che viene immessa nell’atmosfera.
Con la diffusione sempre più massiccia di pagamenti digitali, ci si chiede se l’inquinamento prodotto da questi sistemi possa essere maggiore o inferiore rispetto all’utilizzo dei contanti.
Studi scientifici, a tal proposito, hanno riportato risultati interessanti.
Il metodo che scegliamo di utilizzare per i nostri pagamenti ha delle conseguenze anche per il pianeta: questo è quello che risulterebbe dagli studi scientifici che negli ultimi anni hanno confrontato i costi ambientali delle forme di pagamento digitali e quelli delle forme di pagamento in contanti.
Qualsiasi soluzione si utilizzi, è evidente, non si può raggiungere un inquinamento zero,tuttavia alcuni metodi possono essere meno inquinanti e, quindi, preferibili.
L’American Council of Science and Health[1] ha presentato uno studio nel quale si è analizzato il rischio di inquinamento provocato dall’uso di soldi contanti, in particolare dei penny americani.
Secondo i dati, le operazioni necessarie all’estrazione e al trasporto della materia prima necessari per produrre le monete hanno causato la produzione di oltre 48 mila tonnellate di anidride carbonica.
In passato, le monete venivano coniate usando metalli pregiati, come l’argento o il rame. Quando, però, tali metalli hanno assunto un valore notevolmente superiore alla moneta stessa, sono stati sostituiti con metalli di seconda scelta. Dal 1982, infatti, il penny negli Stati Uniti viene prodotto con zinco, che è più economico.
Tuttavia, queste monete, che sono fastidiose per gli utenti perché pesano nelle tasche e sono costose da gestire per le attività commerciali, hanno anche un altro effetto negativo: sono molto inquinanti.
Considerando che dal 1982 sono stati coniati 327 miliardi di penny, ciò ha richiesto l’estrazione di un quantitativo enorme di zinco, spesso inutilmente: sempre secondo le stime, due terzi dei penny prodotti non circolerebbe nemmeno, in quando il loro valore economico è bassissimo (ovvero un centesimo di dollaro) e sono scomodi da portare con sé. Proprio per motivi analoghi, molti altri paesi hanno abbandonato l’uso dei centesimi arrotondando ai cinque centesimi più vicini.
Oltre all’estrazione delle materie prime, ci sono altri fattori che contribuiscono a creare inquinamento: il trasporto delle monete stesse, per esempio, che porta ad utilizzare camion e mezzi blindati che provocano una enorme produzione di anidride carbonica.
Se le monete, dunque, sono inquinanti, le banconote non rappresentano una soluzione migliore. Le banconote di carta, infatti, si rovinano facilmente e richiedono la sostituzione frequente.
Proprio per questo motivo, la Bank of England[2] ha introdotto la banconota in polimero che avrebbe una durata superiore a quella delle banconote di carta. Tuttavia, anche questa soluzione non sembra ottimale: se le banconote in polimero sono più resistenti e hanno una vita media superiore, evitando così ulteriori produzioni con consumi di carta e di processi inquinanti, è però vero che la componente di plastica è molto più inquinante rispetto alla carta.
La produzione di una banconota in polimero, infatti, libererebbe un quantitativo di anidride carbonica triplo rispetto a quello liberato dalla produzione dalle banconote di carta (9 chilogrammi di CO2 a fronte dei 3 della carta).
Infine, va detto che l’utilizzo degli sportelli automatici per il prelievo di denaro contante si presenta come un ulteriore elemento inquinante.
Addirittura, secondo l’Institute and Faculty of Actuaries[3] i bancomat rappresenterebbero il più grande sistema di inquinamento legato ai pagamenti. Per poter offrire all’utenza un servizio costante, la quantità di energia elettrica consumata è enorme: è uno spreco, tanto più se commisurato al tempo limitato in cui le operazioni avvengono effettivamente.
È fuori di dubbio che esista anche l’inquinamento digitale. Esso si realizzerebbe in due fasi: durante la produzione dei dispositivi digitali e durante l’utilizzo degli stessi sia per la fornitura dell’alimentazione elettrica sia per la connessione internet.
In ogni caso, sebbene anche i pagamenti digitali non siano esenti dalla produzione di CO2, sarebbero comunque meno inquinanti rispetto all’uso dei contanti.
Ciò sarebbe confermato dallo studio realizzato dalla De Nederlandsche Bank e analizzato da Rete Clima sulla base del quale si è calcolato che l’emissione della CO2 in seguito a ogni transazione in contanti è di circa 4,6 grammi, mentre in digitale è di 3,78 grammi.
I vantaggi del sistema digitale arriverebbero anche dalla cosiddetta dematerializzazione: infatti, la possibilità di eliminare il cartaceo sia nei pagamenti sia durante la stipula dei contratti si presenta come un ulteriore tutela per l’ambiente. Il risparmio di materiale si riflette su tutti le fasi del ciclo di vita della carta, dalla produzione al trasporto fino allo scambio, alla conservazione e alla distruzione.
C’è poi da considerare che l’utilizzo di mezzi digitali per i pagamenti non implica la produzione di nuovi device, in quanto si tratta degli stessi dispositivi che, comunque, già vengono utilizzati dagli utenti nella loro quotidianità.
L’impatto ambientale provocato dai pagamenti digitali potrebbe diminuire con un uso più consapevole. Secondo [4], potrebbe essere ancora ridotto del 44% con alcuni accorgimenti come:
Anche dal punto di vista ambientale le neobanche possono rappresentare una soluzione moderna e interessante grazie alle loro caratteristiche intrinseche e alla loro gestione digitale.
[1] https://www.acsh.org/news/2016/06/17/want-to-help-the-environment-get-rid-of-stupid-pennies
[2] https://www.bankofengland.co.uk/freedom-of-information/2022/questions-on-damaged-polymer-5-10-and-20-boe-banknotes
[3] https://www.actuaries.org.uk/system/files/field/document/Issue%2021-%20Environmental%20Sustainability%20of%20a%20Cashless%20Society%20-%20disc.pdf
[4] https://startupitalia.eu/2019/06/05/pagamenti-digitali-inquinamento